A volte, il coaching di lingue ti pone difronte a dei dilemmi amletici (un’esagerazione, ovviamente!). Federico, architetto sulla trentina, è un caso in questione. Mi ha chiamato per una sessione gratuita di prova e, come da prassi, gli chiedo di presentarsi in inglese, simulando la situazione che potrebbe trovarsi ad affrontare nel suo lavoro, la progettazione e gestione di grandi progetti di riqualificazione urbana. Mi spiega, in un inglese che ovviamente contiene qualche errore di pronuncia e ha qualche “h” di troppo (o di meno) qua e là (perché mi avrebbe chiamato, di grazia, se non ci fossero queste imperfezioni linguistiche?) in cosa consiste il suo lavoro, raccontandomi cosa fa, con chi si trova ad interagire, a cosa pensa sia il “problema” col suo inglese – cioè, mi spiega cosa vuole ottenere con il mio metodo di coaching.
La facilità con la quale parliamo una lingua è un po’ come la cucina: il fatto che una persona non sappia cucinare non vuol dire che non sappia distinguere tra un buon piatto ed uno cattivo, e Federico non fa eccezione. Ha una comprensione chiara di cosa c’è che “non va” col suo inglese, e come molti altri miei clienti, è in grado di farmi un quadro ben tratteggiato di cosa vorrebbe migliorare: aumentare il suo vocabolario, mettere una pezza ai tempi dei verbi, lavorare sulla grammatica e sulla pronuncia, sapendo che la sua capacità di esprimersi in inglese è più bassa della sua generale capacità di comprendere qualcun altro che comunica in questa lingua, opinione che non posso che condividere appena spingo sull’acceleratore del mio inglese per verificare se è vero, e constato che, in effetti, anche a velocità più elevate, Federico è ancora lì, comprende e mi segue anche se quando viene il suo turno di parlare la sua velocità e scioltezza calano.
Il quadro è chiaro a Federico, quindi, e fino ad un certo punto anche condiviso da me – fino al punto, che incontro molto spesso con i miei clienti, dove dobbiamo passare dall’idea di “aggiungere qualcosa in più” al nostro bagaglio linguistico, all’idea di “eliminare gli ostacoli che ci impediscono di comunicare efficacemente”, come ad esempio gli schemi fisici, emotivi o cognitivi che limitano le nostre capacità di esprimerci.
Ci sarà tempo per tutto questo, ovviamente. Come sempre, dopo qualche mese ci accorgiamo che possiamo essere più precisi, più umili, e al tempo stesso più ambiziosi nel fissare i nostri obiettivi (nostri, perché come coach di lingue il mio mestiere si fonda su questo: costruire col cliente un obiettivo condiviso da entrambi, e quindi piacevole, efficace, sfidante ma raggiungibile). Ci sarà tempo, siamo solo alla sessione di prova con Federico. Il dilemma è altrove: come potrei mai dirgli che il suo inglese “italianizzato”, con le sue imperfezioni ed idiosincrasie potrebbe essere una risorsa importante, in un contesto internazionale sempre più appiattito su uno stile di comunicazione freddo e burocratico, fatto di numeri, proiezioni economiche e principi di Galles col busto ortopedico? Come potrei dirgli che la sfida è rendere il suo inglese efficace mantenendone quei piccoli difetti che, come lo strabismo della Gioconda, lo rendono inimitabile? Ecco che comincia, ancora una volta, una nuova partita del gioco senza frontiere del coaching….
AngeloFanelli
*Ex docente Bocconi ed ex professore di Management e Risorse Umane in diverse business school statunitensi ed europee, AngeloFanelli è nato a Perugia, dove vive e scrive libri (tra cui molto successo ha avuto il pamphlet ironico contro la globalizzazione intitolato “Fate Poco. Ovvero come un anziano settantaduenne mi convinse a mollare la gestione delle Risorse Umane per cercare una gestione umana delle risorse” (ed. liberopensatore.it, 2011), favole per bambini, spettacoli teatrali, e prodotti multimediali. Il suo ultimo libro uscito nel settembre 2017 si intitola “A Casa dello Yogi. Esperienze di yoga nell’ashram italiano” (ed. liberopensatore.it). Professionalmente, Angelo (www.communicationskill.it) lavora da anni come coach di comunicazione in inglese e francese e consulente aziendale.