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Donazioni per Baldev Singh: un aggiornamento

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Perugia, 13 agosto 2018

Ringrazio Maria Antonietta per avermi fatto presente che non ho aggiornato il sito con l'ultimo trasferimento di 15600 INR (corrispondenti ai 207,4€ rimanenti ricevuti dai vari donatori) a Baldev Singh effettuato in data 16 giugno 2018. Errore mio, ero convinto di averlo fatto. Ecco tutti i dati del trasferimento, la email di ringraziamento di Baldev, e tutta la storia di questo personaggio eccezionale.

Riusciranno i nostri eroi?

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Come coach linguistico, ho la possibilità di toccare con mano delle dinamiche che riguardano tutti coloro che cercano strade per aprirsi all’estero e costruire nuovi modelli di business. Una in particolare è la difficoltà di trasformare i sogni in obiettivi. Se infatti è chiaro a tutti che gli attuali modelli di business italiani stanno mostrando la corda in maniera pesante, dall’altra è a dir poco complicato passare dalle dichiarazioni di principio (i sogni) all’indicazione di azioni concrete da fare per raggiungere uno o più risultati tangibili (gli obiettivi). Saper gestire questo passaggio è l’aspetto chiave per poter realmente mettere in atto un cambiamento, che si tratti dell’economia di una regione come la nostra, di quella di un’azienda, o dei comportamenti lavorativi di una singola persona. Provo a chiarire con un esempio tratto dalla mia esperienza di coach d’inglese con un giovane imprenditore.

Un piccolo gesto giusto...

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Sai quando incontri una persona sconosciuta e in pochi minuti arrivi a “sentire” di cosa quella persona è fatta? Si, lo sai perché ti è già successo, come è successo a me il mese scorso, sulle strade di Nuova Delhi, dove mi ero recato per un viaggio di cinque settimane.

Certo, voglio raccontarti l’incontro con l’anziano Bhutanese Baldev Singh perché è stato uno di quegli incontri “speciali” che succedono raramente, e quindi degno di nota. Ma soprattutto voglio raccontarti di questo incontro perché voglio convincerti a seguirmi in un gesto: aprire il tuo portafoglio e dare una mano ad una persona speciale.

 

L'ubriaco e il lampione...

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Una delle domande più frequenti che mi viene fatta dai miei clienti: quali sono le differenze tra coaching di lingue e un normale corso di inglese? Sapendo che l’unico modo per comprendere queste differenze sta nel vivere in prima persona l’esperienza del coaching e poi giudicare da per se stessi, normalmente mi limito alla risposta standard: il coaching è basato su un 100% di conversazione in inglese, dove l’italiano è esplicitamente “vietato”. Nella maggioranza dei casi, le persone si accontentano di questa risposta. A volte, invece, trovi un cliente che non si accontenta della prima risposta (sono quelli che ti danno più soddisfazione) e ti trovi costretto a spiegare più in profondità, arrivando sì ad essere più preciso ed esaustivo, ma anche avvicinandoti pericolosamente al rischio di spiacevoli malintesi. Provo a spiegare con un esempio.

Michele, poco meno di 30 anni, è figlio di un piccolo imprenditore locale, e mi chiama per “migliorare il mio inglese”. Come nella media dei clienti che mi contattano, Michele ha un buon inglese di base e, come di consueto, quando indago più a fondo per identificare un obiettivo quantificabile, tangibile, mi chiarisce che ciò che desidera è in realtà portare il suo inglese ad un livello che gli consenta di condurre negoziazioni con i partner internazionali della piccola impresa familiare, fondata dai suoi genitori che tra qualche anno gli sarà completamente affidata. Michele ha già avuto diverse esperienze di corsi d’inglese, trovandosi sempre insoddisfatto dell’esperienza, senza però essere in grado di chiarire (soprattutto a se stesso) le ragioni concrete di questa insoddisfazione.

Coaching: partire col piede giusto...

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Uno degli aspetti interessanti del lavoro di coach di lingue è la possibilità di scoprire interessanti “strategie di attacco alla lingua” sviluppate dai clienti che si incontrano di volta in volta.

Giovanna è la proprietaria di un agriturismo di lusso nei dintorni di Perugia. Mamma di quattro figli ormai grandi, ha deciso di migliorare il suo inglese e mi ha contattato per mettere in piedi un “piano d’attacco” che gli consenta non tanto di interagire con i clienti esteri che frequentano la sua struttura (cosa che sa già fare col suo buon livello di inglese) quanto piuttosto di riuscire ad “intessere delle conversazioni più in profondità con quelle persone molto interessanti che di tanto in tanto vengono a risiedere presso l’agriturismo”.

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